IL TERROIR Con questo termine di origine francese si identifica un’area produttiva che si caratterizza non solo per peculiarità climatiche e pedologiche, ma anche storiche, umane, paesaggistiche, varietali ed enologiche. Un terroir racchiude in sé tante storie e tante unicità che si compendiano in un prodotto, nel nostro caso il Prosecco Superiore DOCG, che ci offre dei caratteri qualitativi unici e non imitabili. È grazie al suo terroir se il Prosecco Superiore DOCG è diventato famoso nel mondo, ed è ancora grazie al terroir se i suoi profumi, la sua eleganza e delicatezza ne fanno un prodotto ricercato che non si può ottenere in nessun altro contesto produttivo europeo o mondiale. Ma il terroir si compone anche di tessere fragili di cui bisogna avere cura rispettando il paesaggio, la tradizione, il suolo. In questo percorso scoprirete il terroir del Prosecco Superiore DOCG.
LE FORME DELLA VITE La vite ha un fusto paragonabile ad una liana e per questo necessita di un sostegno. Anticamente la vite si maritava ad una pianta arborea a formare l’alberata. Questo matrimonio fu adottato per più di duemila anni fino alla fine del 1.800 quando nacque la viticoltura moderna grazie all’uso del palo secco e del filo di ferro. A questo punto, grazie anche alla elasticità del suo fusto, si svilupparono diversi modi di allevare la vite e qui su queste colline si adottò il “doppio capovolto” detto anche “cappuccina”. La vite ancor oggi viene impalcata alta e dalla sua ”testa” partono due/tre capi a frutto che daranno vita a germogli, foglie e grappoli a cui sarà garantita la massima illuminazione solare. Con il passare degli anni il viticoltore adatta leggermente la forma della vite allo spazio disponibile, ma il principio del doppio capovolto a due/tre tralci rimane.
LA TRADIZIONE Storicamente, come già ricordato alla tappa precedente, la vite era maritata ad un tutore vivo; qui si può ancora notare una testimonianza di questa tecnica con alcune piante sopravvissute in mezzo al vigneto che ricordano la loro antica funzione. Da queste piante il viticoltore raccoglieva i frutti, la legna e dalla loro ombra ne traeva ristoro. Nei vigneti che vi circondano potete osservare molti ceppi quasi centenari, da loro si ottengono i grappoli migliori, perché più maturi e solitamente più piccoli. Siete circondati dal paesaggio collinare tipico della DOCG Prosecco dove assieme ai vigneti convivono i boschi ed oggi anche l’olivo che è diventato presenza frequente, ma discreta. Il paesaggio è arricchito da piccole costruzioni rurali un tempo adibite a stalla e fienile, oggi quasi sempre a ricovero attrezzi. Alle vostre spalle la pianura, solcata dal Piave Fiume sacro alla patria.
L’UOMO È l’uomo viticoltore che ha costruito il terroir e che lo mantiene condividendolo con la natura. Sono la fatica e il sacrificio del viticoltore che conservano la bellezza del paesaggio e che mantengono in equilibrio i suoi diversi elementi (il vigneto, la flora spontanea, il suolo che tende ad essere eroso, le piante di alto fusto, le strette vie di transito, la morfologia). È il viticoltore che crea i percorsi per l’acqua piovana, che trova lo spazio anche per una singola vite in più e che ogni anno controlla la robustezza del suo palo tutore. La perseveranza dell’uomo sarà ricompensata dai frutti della vite regalando a noi immagini e ricordi duraturi.
IL PAESAGGIO Il viticoltore è innanzitutto un grande paesaggista in quanto nello sviluppare la sua attività ha creato il paesaggio che oggi vediamo. L’Italia è ricchissima di paesaggi viticoli, ma pochissimi sono quelli che l’UNESCO ha riconosciuto patrimonio mondiale dell’umanità, quello della DOCG Prosecco è uno di questi! L’uomo ha modellato e pennellato la natura, che non sempre fa cose belle, traendone quadri indimenticabili. Una vista a 360° per ammirare gli elementi che compongono il paesaggio: i vigneti, il rovere solitario, il suolo formato dal conglomerato roccioso, la morfologia collinare, i fabbricati rurali, il bosco, sono tutti “iconemi” ovvero elementi identitari del paesaggio.
IL SUOLO È l’elemento fondamentale del terroir, a lui è dovuta gran parte della qualità dell’uva. Il suolo deve dare nutrimento alla vite e deve permettere alle sue radici di approfondirsi a cercare l’acqua. Intorno a voi potrete notare la fragilità del suolo testimoniata da piccoli smottamenti, erosioni e semplici sistemazioni. Da qui nasce la difficoltà di rendere più meccanizzabile il vigneto attraverso la creazione di terrazze transitabili, proprio perché il suolo è instabile e non ama essere disturbato. Qualche milione di anni fa questo suolo era ricoperto dal mare, ora è solcato dal Rio Bianco che si origina dalla valle ad anfiteatro chiamata del “Rumit” da eremita, infatti i ruderi di un antico eremo ne testimoniano ancor oggi la passata presenza.
LA RIVA Il panorama ci offre un susseguirsi di Rive, ovvero di vigneti aggrappati ai ripidi pendii dove il viticoltore può contare solo sulle sue braccia. Sono necessarie 700/800 ore all’anno di lavoro manuale per gestire un ettaro di vigneto: per questo motivo prende il nome di “eroico”. Dalla Riva si ottiene la migliore uva, maturata grazie al clima perfetto (non troppo caldo) e raccolta a mano soppesando e controllando ogni grappolo. La Riva è l’orgoglio di ogni viticoltore ed ognuna ha un nome che la caratterizza e la distingue. Assieme alla Riva vi è il bosco che ricopre la sommità dei colli ed evita che l’acqua piovana scorra troppo velocemente e si porti via il suolo delle Rive.
LA PIANURA Siamo ora al punto di passaggio tra la collina e la pianura, il terroir cambia completamente: pur ritrovando ancora il Rio Bianco, il paesaggio si fa più regolare grazie alla perfetta geometria dei vigneti e dei campi coltivati. Il suolo è ora fortemente argilloso e crea una tendenza al ristagno dell’acqua, da qui il toponimo Palù ad indicare una zona paludosa ricca di acquitrini. Solo di recente il vigneto è arrivato ad occupare quest’area dove anticamente esisteva solo il prato umido con fossati e piante perimetrali, unico esempio in Italia e in Europa.
TRE CHIESE Di fronte a noi tre chiese: San Martino, San Vigilio e il campanile della chiesa parrocchiale della frazione di Col San Martino. In mezzo un agglomerato di vecchie case dove spicca la villa Paccanoni (erano i “Signori” del paese) con le sue pertinenze (stalla, fienile, cantina, granaio, etc). Il percorso è finito, avete attraversato e ammirato uno dei più bei luoghi del comprensorio Prosecco Superiore DOCG, avete compreso il vero significato di terroir e acquisito familiarità con i fattori che lo compongono, dove la vera regia è data dal susseguirsi delle stagioni e dalla mano del viticoltore che con sapienza fa risplendere la natura.